lunedì 22 novembre 2010

Tema: l'Italia

Oggi sono così esasperata che prendo di petto l'innominabile, e lo so che tutti gli esuli ci pensano di tanto in tanto anche se non lo dicono.
La chimera. L'Italia.

Piccola premessa per spiegarvi lo stato d'animo con cui due mesi fa mi accingevo a lasciare la patria.
Pensavo: oh là. Finalmente.
Basta coi quotidiani farneticamenti politici, basta discussioni accompagnate da “rossa routine” con parenti e amici sul paese che va a picco, basta metafore del tipo che vivere in Italia è come stare sul Titanic mentre i violinisti suonano e non ti accorgi che vai a fondo, basta messaggi domenicali a Lollo del tipo “leggiti l'editoriale di Diamanti”... Per Dio, basta con questa smania tipica italiana di scannarsi su tutto che poi non cambia niente, basta!
Ecco, basta anche ascoltare Gaber, che tanto alla fine di “Qualcuno era comunista” si piange sempre.
Basta fatalismo, basta manicheismo, basta attivismo, basta con tutti gli -ismi del meraviglioso e dannato stivale: prendiamo fiato, finalmente.
Usciamo dal microcosmo e vediamo un po' se riusciamo a diventare “europei”: ah, grandioso, Vienna capitale della Mitteleuropa! Oh capitale, investimi con tonnellate di Impero Austroungarico, Opera, Mozart, decorazioni natalizie stucchevoli, razionalità nordica, socialdemocrazia, trasparenza, Schiele, Kokotschka, vin brulè, wurstel e chi più ne ha più ne metta. Ti accolgo a braccia aperte. Non ne voglio più sapere di te, patria approssimativa che più ti amo e più ti fai odiare. Inizio la vita da Erasmus, sarò uno zero tra gli zeri, tu non c'entri niente, ti metto in stand-by per un po', guarda, smetto pure di parlare italiano. Stop.
Ecco, solo una piccola concessione ti faccio: mi porto via il tricolore, sai, in fondo non voglio dimenticarti del tutto, spero solo che non mi prendano per fascista quando me lo vedono in camera. E magari non cambio la homepage e tengo quella del Corriere. Ma basta, tutto qua. Lasciami vivere, per pietà.

Bene.
Oggi posso dirvi che mi sento molto più in Italia di due mesi fa. Perché la peso con nuovi parametri e la osservo da fuori, tutto il tempo.
Con cadenza settimanale qualcuno mi domanda ghignante: “did you vote for Berlusconi bunga-bunga?” e quel che mi assale è una specie di impotenza rabbiosa incontrollabile e lo so che non porta a niente, perché mi paralizza e mi impedisce di rispondere razionalmente. Tento allora di spiegare, e le prime conclusioni che mi vengono in mente sono sempre impersonali, “così stanno le cose”, “ce ne vuole prima che cambi”, quasi con gli occhi al cielo, e mi accorgo di essere risucchiata io stessa nel fatalismo italiano in stile Sciascia, che poi è lo stile di quasi tutti noi, e che si rispecchia nel sorrisetto di chi ho di fronte.
Allora mi impegno, spiego con calma e ci metto i nomi, i legami causa-effetto. Ma dall'altra parte c'è sempre un'incomprensione che sconfina nello scherno.
Non li biasimo. Ma ieri ne ho avuto un esempio lampante ed è stato davvero difficile. Sono andata ad una conferenza dal titolo “Democracy and the Media” a cui erano presenti fior fior di sociologi americani oltre ai direttori di New York Times, Die Welt, e... La Repubblica.
Il dibattito inizia con un aplomb pazzesco, volano parolone tipo “technology revolution”, “public accountability”, “structural and behavioural regulation”, proprio un salottino accademico e gustoso. Ma c'è un outsider. È lui: Ezio Mauro.
Con un inglese un po' stentato, ma con quell'enfasi italica che stride col dibattere americano tipo Letterman's show, l'Ezio nazionale espone il suo punto di vista a partire dalla nostra anomalia. Parla di intolleranza del potere verso l'informazione, col primo che possiede la seconda, populismo moderno, politici che diventano idoli, opinione pubblica che è audience, la solita storia.
Quel che mi sconcerta non è tanto il suo italianissimo accento, ma la risposta della platea e degli altri invitati alla conferenza.
L'assemblea dei professoroni considera il caso italiano una “patologia da manuale” o una “lezione al contrario”.
Mentre il pubblico ride.
Ride degli scandali sessuali, di questo Primo Ministro che dice ai cittadini di informarsi solo guardando la tv, della posta italiana che è così lenta che tutti quanti si comprano il giornale in edicola, del conflitto d'interessi mai risolto.
Ezio Mauro cerca di proseguire nonostante l'ilarità generale e non ride, ma suda. Io anche. La conferenza si sta svolgendo in uno dei più antichi teatri di Vienna, il bellissimo Burgstheater, il che rende la situazione ancora più grottesca. Una commedia, una buffonata.
E mi dispiace di cuore dirvelo, ma su quel palco non c'era solo Ezio Mauro o il solito S.B., ma c'eravamo tutti noi. Derisi, considerati un'anomalia su cui non serve neanche spendere due parole, accademiche o politiche: basta farci una risata sopra. Chissenefrega dell'Italia, pensavano, ci andremo quando vogliamo un po' di arte e di pizza, magari.
Scusate il catastrofismo, lo so, vi pongo una questione che è forse la più difficile di tutte. Ma voglio le vostre idee, perché qui non è possibile sfogare questi sentimenti con nessuno, di fronte a me c'è solo un muro nordico, efficiente e trasparente, cavolo, vorrei una cena di politica, lacrime e risate.
Scriviamo un tema collettivo.

Dulcis in fundo, tornando indietro dalla conferenza ho acceso l'Ipod, e dopo due mesi Gaber è sbarcato a Vienna. Insieme a tutti quelli che “pensavano di poter essere vivi e felici solo se lo erano anche gli altri”.
Che fare quando torneremo?
Dopo due mesi sto capendo che la vita è grande... Ma il tricolore che ho in camera è ciò da cui tutto comincia e a cui tutto finisce.

A presto.

Veronica

mercoledì 10 novembre 2010

Bucarest vi presenta due generali

Bucarest mi provoca ogni giorno.
Provoca i miei pensieri, che difficilmente la sera riesco a riordinare. Ma oggi vi voglio scrivere di due generali che ho conosciuto tre settimane fa ad un incontro di una Ong italo-romena, dove faccio volontariato.
Oggi sono stato in periferia, nella penultima fermata della metro linea 1. L'appartamento di Alex ed Eugene è al piano terra di uno dei tanti ed orrendi blocchi che coprono le strade dal sole. Palazzi la cui funzione era quella di obbligare le persone a vivere in un'uguaglianza serva del potere.
Alex ed Eugene vivono al piano terra. Sono stato invitato per il pranzo, perchè Eugene è un bravissimo cuoco, dicono. Infatti la ciorba di trippa di maiale, la mamaliga (polenta con panna acida) e il pesce impanato non metteranno in dubbio l'abilità dello chef. Ha fatto un pranzo squisito, ed io sono dimagrito; la mia pancia infatti è rimasta lì perchè troppo pesante.
Con Alex ed Eugene c'era anche un altro ragazzo, un bambino che non ha avuto la possibilità di crescere, per colpa della malattia. Ha 23 anni e mi arriva al fianco, perchè è alto 1.55, per colpa della malattia. Ha sei dita in una mano, per colpa della malattia. E' fragile per colpa dell'AIDS.
Eugene ed Alex hanno 21 anni e sono ragazzi sieropositivi, abbandonati 21 anni fa in qualche ospedale di Bucarest. Accuditi negli ex terribili orfanotrofi del regime, e successivamente in istituti specializzati, questi bambini senza famiglia hanno subito una delle più grandi atrocità del regime comunista di Nicolae Ceausescu: sono stati vittima di sperimentazione negli ultimi anni del regime. Sperimentazioni che usavano gli orfanelli come cavie per trovare chi fra di loro possedesse gli anticorpi contro il virus HIV. Eh sì, gli orfani...ma io mi chiedo se ci sia un qualcuno che sia più ultimo di un orfano. La società non accetta mai tutti, ma dove può stare un bambino che non è accettato neppure dalla propria madre? Chi si prende la responsabilità di ricordarsi di un rifiutato dalla propria madre? Chi si è preso la responsailità? Il governo ha deciso per gli orfanotrofi. Ho sentito dei racconti orribili sugli orfanotrofi ma non sono in grado di portare argomenti sicuri, non posso parlare di questo.

La situazione degli orfanelli in Romania ha pesato sull'ingresso dello stato nell'UE. Si nega che le sperimentazioni siano continuate dopo la morte del dittatore, ma Alex ed Eugene sono solo due dei tantissimi bambini col sangue infetto. Pensate che negli anni '80 il 60% dei malati di AIDS d'Europa proveniva dalla Romania.
Una brutalità che ora pesa sulla pelle di Alex ed Eugene, due generali di 21 anni che vivono insieme in un appartamento sociale, con una pensione di 200 euro al mese. La casa è piccolina ed accogliente. La cucina è il regno di Eugene, super cuoco, estremamente attento, calmo in cucina, riservato e pacifico fuori. La sua camera è anche il salotto dove 4 ore ci hanno accompagnato nel nostro tour gastronomico di quest'oggi. La camera di Alex è bella, non proprio piccola. Ma Alex ha bisogno di spazio in quanto la sua vivacità, e la sua parlantina sono le armi più terribili di questo mitico ufficiale.
Lavorano entrambi come cassieri e si spaccano 8 ore al giorno per cinque giorni, portando a casa 200 euro al mese. Vorrebbero parlare l'inglese e l'italiano. Vorrebbero che gli accompagnassi spesso al teatro nazionale, vorrebbero, credo, conoscere tutto ciò che sarà loro necessario per cominciare una vita autonoma, nell'appartamento sociale, fuori dall'istituto. Hanno poi in mente svariati progetti per arredare la casa. Devono badare ad una cagnolina di nome Noce.
Vorrebbero avere una ragazza ma pensano che ci sia il diavolo nelle romene.
Ora hanno 21 anni e devono iniziare una vita. Il progetto di Fdp, ong italo-romena, è quello di affiancare ragazzi volontari a questi piccoli generali, proprio per costruire delle amicizie. Si esce, si va al cinema, al ristorante, nel centro commerciale. Mi hanno invitato a pranzo. Il progetto è perciò volto a costruire un'amicizia-supporto, niente di più semplice.
Perchè credo che anche un generale abbia bisogno di un bastone.

Ora devono partire per questa strada di Bucarest che si chiama vita. Ma non sapete che geni che sono! Sono così carichi, ottimisti, la loro voglia di vivere non ha confini! Quanto hanno riso oggi. E il bello è che qui a Bucarest Alex ed Eugene non sono gli unici ad avere un naso rosso e a sorridere. Vorrei raccontarvi di tutti gli altri.
A Bucarest ho conosciuto molte strade, con indirizzi di diversi nomi. Vi racconterò, farò un nuovo blog per questo.
Ma le strade dei ragazzi di Bucarest sono sotto il sorriso del sole. E' vero...hanno in comune l'ombra del male, ma è un ombra che pesa sul loro passato. Gli indirizzi dei bucuresi sono svariati. La strada dei ragazzi di questa città è una sola e si chiama Vita che deve cominciare. Deve cominciare ora, perchè a 20 anni si comincia sul serio, perchè a 20 ci si sfrega veramente le mani.

Sono generali, perchè vivono autonomamente mettendo in comune le forze di quattro braccia magre, ma agili e veloci. Sono generali perchè il loro distintivo non è una stella a punte, ma un sorriso permanente.

Sono generali perchè hanno lottato a mani nude, senza, credo, l'arma più efficace che un bambino che diventa uomo può avere: una mamma ed un papà.

Sono generali perchè hanno l'arma più importante, senza la quale un uomo non potrebbe fare altro che piangere: la fiducia in una delle scommesse più difficili della vita. La vita stessa.

In bocca al lupo Alex
In bocca al lupo Eugene

Lollo