giovedì 3 dicembre 2009

De Otio

E' con vero piacere che mi accingo a fare un intervento su questo blog.

Avete ragione: la puntualità, la precisione, l'ampio respiro, la pregnanza e non ultimo il fascino della parola scritta mancano alle nostre discussioni lasciandole incompiute, come se una parte di esse rimanesse costantemente inespressa, come se prevalesse l'idea di chi lì, sul momento, ha saputo trovare le parole più convincenti nel circoscritto spazio temporale concesso.

Spesso, mi accorgo, il confronto verbale diventa un gioco retorico nel quale si sceglie una posizione che di primo acchito pare giusta, e poi la si sostiene ad oltranza solo per amor di discussione; spero che questa abitudine piacevole quanto inconcludente possa rimanere confinata all’ambito orale.

Qui sul blog infatti, bene o male che sia, non si può "aggiustare" il senso di una frase con un ammiccamento, con l'intonazione, con un sorriso, non si può ritrattare, insomma: scripta manent.

Detto questo passo al mio (modesto) contributo alla discussione.

Il punto di partenza è che l'Italia sarebbe allo sbando: ci si chiede se sia giusto o meno abbandonarla o se si debba invece lottare per cambiarla.

Ma nel pormi questa domanda trovo necessario rispondere ad un quesito che viene prima per importanza: qual è il mio obiettivo, cosa mi auguro nella vita?

La risposta è che spero di vivere in serenità, in salute ed in benessere.

E non si possono forse raggiungere questi obiettivi, vi domando, anche in uno stato governato malamente, in un'epoca più volte definita di decadenza come è la nostra?

Credete che i milioni di persone che vissero nell'Impero romano nel IV secolo o nella Repubblica di Venezia nel '700 (il primo esempio di costumi corrotti e Stato allo sfascio per eccellenza, il secondo di lenta agonia) non possano aver goduto di serenità, salute e benessere, e che al contrario i cittadini di uno Stato forte e in ascesa (penso agli Stati Uniti nel '900) debbano aver avuto una vita nettamente migliore?

Io non lo credo.

Riguardo invece la possibilità di cambiare la situazione generale per mezzo dell’impegno mi è venuta in mente una citazione del De Otio di Seneca che ho ritrovato su Internet e che vi propongo:

Se lo Stato è troppo corrotto per poter essere aiutato, se è invaso dai mali, il saggio non si affaticherà inutilmente né si sacrificherà se è destinato a non recare alcuna utilità

Seneca si auspica che, constatata l’impossibilità di agire per il bene dello Stato, si sarà più utili muovendosi in un campo d’azione più ristretto

Certamente ad un uomo si chiede ciò: che sia di giovamento a molti uomini se gli è possibile, se non proprio a molti a pochi, se non proprio a pochi ai vicini, se non proprio ai vicini a sé.

Vi parrà forse un proposito egoista, ma così non è. Seneca infatti continua sostenendo molto lucidamente che colui che non migliora nemmeno se stesso (magari fuorviato dall'hybris che gli fa credere di poter agire a livello globale) nuoce non soltanto alla sua persona, ma anche a tutti quelli ai quali avrebbe potuto giovare se fosse diventato migliore.

Quindi, secondo me, lo sforzo dovrebbe essere su scala ridotta, in ambienti dove la nostra parola può veramente essere una potente arma da fuoco, e non in teatri bellici dove la nostra opinione conta come uno schioppo nello sbarco in Normandia, per rimanere sulla linea della bellissima metafora di Lollo. Tra l’altro penso proprio che “agire locale” voglia dire più o meno questo.

In conclusione per trasporre in atto i propositi che ho elencato e per godere di un’esistenza soddisfacente non è necessario né che lo Stato in cui si vive sia florido e ben amministrato né sforzarsi (inutilmente) di migliorarlo.

Di conseguenza alla domanda "andare all'estero o no?" io rispondo di no come voi, ma per motivi diversi.

Enzo

3 commenti:

  1. Perché dice che sono le 2:42?
    Non ho neanche un po'di sonno, ma soprattutto c'è il sole ed il mio orologio dice che sono le 11:50!
    Enzo

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  2. Era impostato il fuso orario degli Stati Uniti! Ora dovrebbero uscire le ore giuste.

    Vale

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  3. Caro Enzo, probabilmente se mi fossi trovata di fronte a te mentre verbalmente argomentavi il tuo pensiero, non ti avrei lasciato finire la frase; proprio a causa dell'immediatezza delle reazioni, che poi in qualche modo si riesce a correggere nel corso delle discussioni.
    Premetto ciò, perchè non voglio che la mia risposta possa sembrare il frutto di una reazione immediata.
    Ho riflettuto, e probabilmente andrò avanti ad interrogarmi su quello che tu sostieni, ovvero sulla necessità si stare bene con ciò che (davvero) ci circonda da vicino.
    Sì, posso essere d'accordo che prima di ragionare a livello globale, sia necessario agire nel locale, e probabilmente anzitutto su noi stessi.
    Tuttavia, sebbene tu l'abbia voluto escludere, io penso che a lungo andare , una tendenza di questo genere non possa che portare all'egoismo.
    Nel senso letterale del termine:ad una valorizzazione dell'Ego, finalizzata a se stessa. Dal mio punto di vista invece, il percorso deve partire parallelamente.
    Inoltre, dal mio punto di vista (non posso portare sociologi che sostengano questa mia tesi!), una persona che ha voglia di mettersi in gioco per cambiare le cose, indirettamente lo fa per stare meglio con se stessa:se miri al cambiamento, in qualsiasi ambito tu lo voglia applicare,significa che non condividi il sistema che attualmente c'è.E se lo vuoi cambiare, è per migliorare il tuo stato, per stare meglio co te stesso e con gli altri, con cui magari dividi gli stessi ideali.
    Consentimi infine una conclusione che probabilmente ti suonerà come pura retorica: Penso che anche solo SOGNARE, in grande, con pensieri che alle volte ci sovrastano per la loro grandezza e la loro inaferrabilità, sia quanto di più bello l'uomo possa fare..

    (mi scuso fin da ora per la consecutio sicuramente deplorevole.. spero che l'ora tarda mi sia da valida attenuante!)

    Catta

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