domenica 6 dicembre 2009

La Repubblica, domenica 6 dicembre 2009

La rivoluzione giovane e gli errori del Pd
di CURZIO MALTESE


"Siamo il più bel corteo degli ultimi 150 anni". Uno slogan ironico, ma neppure tanto. Per usare altre parole del nemico della piazza, quello di ieri è stato un miracolo italiano. Quando sarà finita l'era Berlusconi, si parlerà ancora del 5 dicembre come di un giorno che ha cambiato la storia. Nel mondo non s'era mai vista una simile folla di persone convocata attraverso la rete. E' l'ingresso ufficiale della politica nell'epoca di Internet. Qualcosa che va perfino oltre, anzi molto oltre l'obiettivo dichiarato di costringere il premier alle dimissioni. E' una rivoluzione. La rivoluzione viola. Allegra e vincente: nelle cifre, nei modi, nei linguaggi, nei volti, spesso di giovanissimi. Non era accaduto a Londra, a Parigi, a Berlino, in nazioni dove l'uso della rete è assai più diffuso che in Italia. Neppure negli Stati Uniti, dove da anni esiste MoveOn, il movimento on line che ha creato il fenomeno di Obama. E' accaduto qui, nel laboratorio italiano, in una piazza romana da sempre teatro della nostra storia. In questo caso, la fine decretata della seconda repubblica. Di fronte all'enormità del fatto nuovo, colpisce la decrepitezza di un ceto politico a fine corso, evidente nelle reazioni scontate, conservatrici, impaurite. Di tutto il ceto politico, di maggioranza e d'opposizione. I portaborse berlusconiani, che si sono lanciati nella solita arringa contro le "piazze giustizialiste", aggettivo che non significa nulla per i ventenni in corteo. Le solite timidezze della dirigenza del Pd, che conferma di capire poco, come le precedenti, dei mutamenti profondi avvenuti nella società italiana. Ma pure la corsa a "mettere il cappello" dei dipietristi e dell'ex sinistra arcobaleno, comunque mantenuti dagli organizzatori ai margini del palco e della festa.
Fra tutti, certo, il più incomprensibile è l'atteggiamento del Pd di Bersani. Un partito nuovo, almeno nelle intenzioni se non nel gruppo dirigente, inossidabile ai cambi di nome e di sigle, che avrebbe dunque in teoria tutto l'interesse a sperimentare le nuove forme della politica, a esserci insomma in occasioni come queste, piovute dal cielo. "Perché Bersani non è qui?" era la domanda del giorno, sul palco e fra la gente. Già, perché? C'era una grande manifestazione di popolo, a costo zero rispetto alle onerose manifestazioni di partito. C'erano in piazza l'elettorato reale e quello potenziale dei democratici. Chiedono le dimissioni di un premier che ha sputtanato l'Italia nel mondo, con le veline candidate in Europa, le sua storie personali e le scelte pubbliche, l'elogio dei dittatori, il conflitto d'interessi, i trucchi per sfuggire alla giustizia, i media di sua proprietà usati come manganelli, le accuse dei pentiti di mafia. Elementi che, presi uno per uno, sarebbero già stati sufficienti in qualsiasi altra democrazia per chiedere le dimissioni di un governante. Perché allora Bersani non c'era? Perché il maggior partito d'opposizione ha addirittura paura a pronunciare la parola "dimissioni"? Perché invece di abbracciare gli organizzatori, a partire da Gianfranco Mascia, e precipitarsi di corsa, i dirigenti del Pd esalano sospetti, perfino disgusti nei confronti dell'onda viola? Sarebbe come se Barack Obama, invece di accettare con entusiasmo l'appoggio di MoveOn, che gli ha fatto vincere le elezioni, avesse detto: no grazie, preferisco fare da solo. "Un errore grave, di quelli che si pagano cari" diceva Pippo Civati, trentenne esponente del Pd, che è venuto con regolare maglione viole, sulla base di una scelta assai più semplice: "Venivano tutti gli elettori con cui sono in contatto, perché io avrei dovuto essere da un'altra parte?". Passeggiare per le strade di Roma ieri, a parte tutto, era un esercizio utilissimo per un politico. Le facce, le storie dei partecipanti raccontavano un'Italia che non comparirà mai al Tg1 ma opera ogni giorno nel famoso territorio. Associazioni di ogni tipo, che hanno movimentato già sulla rete decine di battaglie locali e nazionali, sulla Tav, il Ponte di Messina, il precariato, la scuola. Volontari, lavoratori, ceti medi, centri sociali ed elettori di destra delusi, gente del Nord, del Sud, immigrati: bella gente. Più giovani di quanti ne compaiano di solito nei cortei, quasi soltanto ventenni o cinquantenni, col buco in mezzo delle generazioni cresciuti negli ultimi decenni di egemonia televisiva. Tanti pezzi di un'Italia non qualunquista, non rassegnata, che non sta mani nelle mani tutto il giorno a chiedersi "che cosa possiamo fare?" o a lagnarsi della casta dei politici. Domani non torneranno a casa a guardare la televisione. La rivoluzione viola non finisce qui e non finirebbe neppure con le dimissioni di Berlusconi. Continuerà a far politica nei nuovi modi, con o senza il permesso di chi pensa che la politica sia decidere tutto nelle fumose stanze di un vertice a palazzo.

10 commenti:

  1. Non so quanto questa manifestazione possa REALMENTE fare qualcosa per l'Italia: non credo che segni la fine della seconda repubblica o che sarà una data storica.
    Sono d'accordo, invece, sulla rivoluzione nei metodi di organizzazione della cosa: probabilmente è uno degli esempi più significativi del potere di Internet, ed è anche un forte segnale per la politica, che deve iniziare seriamente a riconsiderare il web.

    Sull'assenza di Bersani e sul mancato appoggio del PD come partito (non come singoli esponenti), questo è un elemento in più che mi fa perdere fiducia in questo centro-sinistra, sempre più centro e sempre meno sinistra. Serve gente nuova, che abbia il coraggio di prendere delle decisioni forti e nuove.
    (Anche se chiunque arrivi a poter influenzare la politica probabilmente, giovane o vecchio che sia, avrà sempre un guinzaglio al collo, no?)

    Vale

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  2. E facciamolo anche nostro questo articolo! Fra noi non abbiamo mai parlato del No-B day, forse perchè siamo stufi di queste semplificazioni inglesizzanti,di manifestazioni che finiscono sempre con un nulla di fatto, ma come vedete è ancora la scrittura (questa volta di Curzio Maltese) che riesce a renderci partecipi di un evento come la manifestazione di ieri, al quale ci sentivamo estranei (per distanza fisica soprattutto). Perchè ora può nascere un dibattito fra noi. Siamo tutti d'accordo con Maltese? Spero di no, così ne possiamo parlare.
    Allora parto io. L'articolo mi ha messo una carica bellissima! Finalmente riesce ad emergere un'Italia diversa. Non siamo quindi in tv. Finalmente si concretizza una congiunzione che per me è fondamentale; ed è quella stessa congiunzione che per me è l'essenza di questo blog: il legame atomico (quindi necessario, ma poco visibile) tra rete telematica e paese reale.
    Ieri c'erano centinaia di migliaia di persone che hanno chiuso (o messo in standby) il loro computer per uscire all'aria aperta ed urlare. Perchè abbiamo creato questo blog? C'è chi è deluso, chi vuole urlare, chi vuole il confronto, chi soprendere, chi denunciare, chi solamente commentare. Chi vuole prima scrivere e poi uscire all'aria aperta. Ieri l'evento, oggi l'articolo hanno messo in evidenza quest'ultima strada. Ognuno decida se percorrerla o meno. Se farla propria o no.
    Maltese poi parla di una rivoluzione viola. Non so se dirmi d'accordo. Non penso che un inizio possa considerarsi già un evento consolidato. Non penso che una "rivolta" come quella di ieri possa avere già tutte le caratteristiche per diventare una "rivoluzione". Ma è anche vero che il potenziale esplosivo c'è eccome!
    Internet è un potenziale di conoscenza. E nella storia le rivoluzioni hanno tempo e luogo quando gli individui e i popoli conoscono.


    "Tanti pezzi di un'Italia non qualunquista, non rassegnata, che non sta mani nelle mani tutto il giorno a chiedersi "che cosa possiamo fare?" o a lagnarsi della casta dei politici. Domani non torneranno a casa a guardare la televisione." scrive Maltese.

    Siamo noi o no? Per me sì, per voi?
    Non sono d'accordo che questo blog diventi un blog politico, nessuno deve interpreare questo mio scritto come un'esortazione a diventare più critici di quello che siamo.
    Usiamo però internet nel modo giusto, e smettiamola di guardare la tv! (beh...qualche volta una guardatina di Rai3, piccola piccola!)

    E' più bello uscire.

    Lollo

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  3. Eh sì, caro vecchio guinzaglio che rende tutti ricattabili e controllabili...
    Ma queste vecchie logiche oggi sono intasate, un po' arrugginite, mentre internet porta con sé una miriade di nuovi canali di partecipazione fluidi, limpidi, davvero democratici. Dalla base.
    Non per esaltare il nuovo a tutti i costi, ma la rete ha davvero delle potenzialità travolgenti. Rivoluzione di conoscenza, risveglio di coscienza.
    Non avrei preso parte ad una manifestazione personalistica (anti-Silvio) come quella di ieri, ma ne condivido appieno lo spirito. Lo stesso spirito che anima questo blog, del resto.
    Ad maiora!

    Veronica

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  4. Però, però... non è che forse in questa occasione siamo noi l'Italia che "sta mani nelle mani tutto il giorno a chiedersi 'che cosa possiamo fare?' o a lagnarsi della casta dei politici"? Perchè non siamo andati a Roma, come ha fatto Cap, perchè non abbiamo neanche discusso se andarci o meno?
    Io so che non siamo quella parte d'Italia che si lagna e basta, ma non mi pare che in questa occasione abbiamo fatto qualcosa di diverso...

    Vale

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  5. ..Viva l'Italia, l'Italia che non muore. Viva l'Italia, l'Italia che non ha paura, viva l'Italia, l'Italia tutta intera. Viva l'Italia, l'Italia che lavora, l'Italia che si dispera, l'Italia che si innamora..
    Vecchioni ieri cantava così.
    Non poteva essere concluso in modo migliore il No-B day. Questa manifestazione avrà avuto certamente dei limiti, uno fra tutti l'indirizzo personalistico, ma ha sicuramente dimostrato, anche a me che in questi ultimi mesi ho sempre sostenuto che noi italiani ci meritassimo questo degrado, che l'Italia c'è, che non siamo completamente assopiti e soprattutto che una coscienza sociale ancora esiste.
    E' stata una testimonianza di come le rivoluzioni partano dal basso, dal popolo, da noi.

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  6. Potevamo sì discuterne. Non ci sono andato perchè Roma è lontana, e c'è chi può e chi non può.E' una bella cosa manifestare ma molto spesso la protesta in piazza è la più semplice da fare.

    Lollo

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  7. Vero,molto spesso la protesta in piazza è la più semplice..ma è anche ,a mio avviso, quella che può fungere un pò da termometro dello stato di un paese..
    L'italia come l'Iran?
    Facebook come twitter?
    la rivoluzione viola e quella verde?
    Insomma,non voglio generalizzare e fare considerazioni qualunquiste,ma il fatto stesso che i cittadini siano dovuti ricorrere alla rete,poichè indignati dal fango che li ricopre fin sopra alla testa, ad oraganizzare qualcosa di completamente scollegato dalle grandi sigle di partito o dei sindacati ci deve far riflettere sullo scollamento che esiste tra "noi e loro".
    Se c'è una cosa che non ho condiviso,a proposito dello splendido articolo di Maltese,è il paragone inappropriato(a mio avviso) tra la marea digitale di supporters di Obama e quella viola del no B-Day:sono diverse negli intenti(l'una vuole promuovere un uomo l'altra disfarsene),nelle dinamiche(in USA gli sforzi erano finalizzati ad un evento certo come le elezioni politiche,in Italia si parla di dimissioni, che volotariamente non avverranno mai ne tanto meno sembrano più concretizzabili a mezzo della sfiducia parlamentare,mai votata da un parlamento "di dipendenti" e non di politici).
    Il mio intervento vuole essere un pò provocatorio,ma non vuole affatto minimizzare la portata dell'evento,quanto piuttosto sottolineare(come lo stesso Maltese ha già fatto) l'incapacità generale di una classe politica e la forza che ,solo quando si tocca il fondo, le persone riscono a trovare per riemergere dalla melma.
    Qualcosa di veramente positivo c'è:l'aver preso coscienza di essere oramai soffocati dalla fanghiglia e con una riserva d'aria che scarseggia ogni secondo di più.
    Di positivo c'è che una folla di auto-organizzati non ha atteso i pulman finanziati dai partiti(come sempre avviene nelle grandi manifestazioni)per affluire a Roma,di positivo c'è che il web è arrivato lì dove nessun partito calcificato nelle lotte gerarchiche interne ha saputo fare,di positivo c'è che ci stiamo svegliando.
    Tuttavia(e non è catastrofismo ciò che mi porta a fare queste considerazioni)di negativo rimane il fatto che siamo una democrazia malata che ha bisogno di mezzi officiosi per trovare oppurtuni spazi d'espressione...ma d'altronde questo è proprio ciò contro cui si manifestava...
    Se il mio ragionamento vi sembrerà tautologico non vi biasimo,lo è anche per me...;-)
    -Elettra-

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  8. Non so se sia giusto dire che il No-B Day dimostra "la forza che, solo quando si tocca il fondo, le persone riescono a trovare per riemergere dalla melma".
    Quello che voglio dire è che non credo che l'Italia abbia toccato il fondo, forse alcuni (o molti) Stati africani (e non solo) avrebbero da ridire in proposito...

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  9. Credo che tra gli stati europei(che devono essere il nostro giusto termine di paragone)se non abbiamo toccato il fondo,ci siamo molto vicini...a mio avviso.

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